Ecco l’esperienza raccontata da Alberto Fiorillo, sul blog del sito Espresso:
Stazione di Milano. Pomeriggio. Un’anziana signora corre verso il binario. Ma Il suo treno è già partito, da due minuti. Dopo un po’ la rivedo sul Frecciarossa successivo, il mio, il 9651 delle 18.00. Avverte immediatamente il controllore che ha perso il treno, ma niente da fare: deve acquistare un nuovo ticket. Sono 86 euro, prego, paga in contanti o con la carta? Il regolamento è chiaro: la signora ha un biglietto “A/R in giornata”, la tariffa è scontata rispetto al prezzo intero (54.50 euro al posto di 86), ma consente di salire esclusivamente sul treno prenotato. Lei, perciò, è ora sprovvista di titolo di viaggio valido. Anzi, sottolinea il ferroviere, la regolarizzazione effettuata a bordo impone l’applicazione di una soprattassa di 50 euro che lui, magnanimo, le risparmia.
Passano più di 3 ore e il Frecciarossa sta per arrivare a Roma Termini. Alle 21.14 e non alle 20.55 come prevede l’orario.
Da qui Fiorillo ne trae alcune interessanti conclusioni:
In un rapporto sano, equo, corretto tra cliente e azienda deve valere il principio della reciprocità. Se la norma impone che il ritardo del passeggero – qualunque esso sia – venga doppiamente sanzionato (nuovo biglietto+soprattassa) anche l’azienda deve essere sanzionata per il ritardo, qualunque esso sia. In altre parole: non è possibile che il passeggero che arriva un secondo dopo la partenza del convoglio sia costretto a sborsare decine di euro, mentre Trenitalia può non cacciare fuori un centesimo anche quando accumula quasi un’ora di ritardo.
Oltre a quello della reciprocità, c’è il principio del buon senso. Sì, è vero. Hai acquistato un biglietto promozionale e hai perso il tuo treno. Però sei un mio cliente e quindi ti tratto bene. Ti accolgo lo stesso sul treno successivo, a patto che ci siano posti liberi, facendoti pagare solo la differenza tra il tuo ticket scontato e il prezzo pieno, mica ti taglieggio costringendoti a pagare due volte lo stesso viaggio.
Ultima considerazione, filosofica e – ammetto – assai forzata. I 19 minuti di ritardo di Trenitalia non sono 19 minuti, ma 19 minuti per ognuno dei passeggeri a bordo. Ci sono 410 viaggiatori? I minuti persi sono complessivamente 7.600, circa 130 ore. E poi c’è il tempo perso da chi aspetta l’amico o la compagna al binario, da chi l’aspetta a casa, dal collega che l’aspetta in ufficio o per una riunione.
Ecco, la proposta mi sembra interessante: inseriamo nel blog un contatore dei minuti di ritardo che ciascun viaggiatore accumula e proviamo a chiedere un rimborso collettivo a Trenitalia?
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